In occasione della Giornata della Memoria, Be As One vuole sensibilizzare in particolare le nuove generazioni sugli orrori delle deportazioni nazifasciste.
Oggi si ricordano tutte le persone che con coraggio affrontarono un disprezzo smisurato nei propri confronti, pagandolo spesso con la vita. Tra loro c’era anche un allenatore, che qualche anno prima della sanguinosa persecuzione raggiunse alla guida del Cagliari Calcio uno storico risultato.
Si chiamava Ernest “Egri” Erbstein, e fu il primo “filosofo” rossoblù.
Nato nel 1898, cominciò la carriera di giocatore tra le fila del Budapesti Atle’tikai Klub, per poi giungere in Italia nel 1924, militando nell’Olimpia FBC Fiume e nel Vicenza. Terminò negli Stati Uniti, indossando la maglia dei Brooklyn Wanderes.
Tornato in Ungheria, dove decise di dedicarsi allo studio intenso del calcio, diventò allenatore. Nel nostro Paese guidò Bari e Nocerina, accomodandosi in seguito sulla panchina del Cagliari Calcio.
Con lui i rossoblù intrapresero una cavalcata che li avrebbe condotti allo spareggio contro la Salernitana (1-1 in trasferta e 2-1 in casa), conquistando il 3 maggio 1931 la prima storica promozione in Serie B davanti ai 10.000 di Via Pola. Una festa che sarebbe proseguita per le vie della città.
La stagione successiva i sardi riuscirono ad ottenere un 13° posto. Ma gli esborsi economici effettuati per salire e mantenere la categoria portarono il club a dover vendere i propri pezzi pregiati, tra cui l’allenatore. Erbstein, dopo aver scoperto diversi talenti e aver allenato la squadra con metodi che sarebbero stati applicati soltanto trent’anni più tardi, tornò al Bari, guidando successivamente la Lucchese e ottenendo incredibili risultati.
Si presentò a questo punto un problema di non poco conto: Erbstein (Ernő il suo nome nella lingua natia) era ebreo, e per via della persecuzione razziale fu costretto a migrare a Torino, guadagnandosi la fiducia del Presidente granata Novo. Ma la situazione si fece insostenibile, e il mister dovette salutare l’Italia e fare ritorno con la famiglia in Ungheria, dove si era scatenata una spietata caccia agli ebrei, per mano di un movimento i cui squadroni si aggiravano per le città con armi e munizioni, compiendo ogni genere di atrocità in nome della tutela della razza.
L’allenatore, correndo terribili rischi, compiva viaggi clandestini per programmare con Novo gli acquisti di giocatori che avrebbero fatto la storia del Grande Torino. Gli incontri terminarono quando Ernest venne deportato in un campo di lavoro, dal quale sarebbe riuscito con grande audacia a scappare.
Nel 1945, a guerra conclusa, Erbstein si trasferì nuovamente a Torino: i calciatori lo attendevano a braccia aperte. Purtroppo i suoi sogni sarebbero stati infranti sulla collina di Superga, dove il tecnico, insieme a un gruppo di ragazzi straordinari, morì il 4 maggio 1949.